“Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove. E tutto questo viene da Dio che ci ha riconciliati con sé per mezzo di Cristo e ci ha affidato il ministero della riconciliazione. Infatti Dio era in Cristo nel riconciliare con sé il mondo, non imputando agli uomini le loro colpe, e ha messo in noi la parola della riconciliazione. Noi dunque facciamo da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro; vi supplichiamo nel nome di Cristo: siate riconciliati con Dio. Colui che non ha conosciuto peccato, egli lo ha fatto diventare peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui.”(II° Corinzi 5:17-21)
Almeno una volta nella vita, a tutti noi è certamente capitato di subire un torto. Umanamente, siamo portati a mostrare il comportamento che riflette il nostro carattere: se siamo deboli, saremo portati a “lasciar correre”, se invece siamo forti, il nostro intento sarà quello di far valere, ad ogni costo, la nostra “legittima” posizione.
Talvolta accade, invece, che la reiterazione nel tempo di piccoli fastidi ed incomprensioni, si possano esponenzialmente moltiplicare, senza che, in apparenza, ci si accorga, fino diventare ristagnanti rancori che, “improvvisamente”, sfociano in eccessi d’ira senza ritorno. Di schiacciante attualità il caso riportato dai mass media del suocero che ha ucciso, a fucilate, nuora e nipote a motivo di …un cancello lasciato aperto! Cristianamente, ci viene offerta una straordinaria possibilità di soddisfazione del torto subito: il perdono. Se da un lato l’argomento del perdono cristiano è stato già esaurientemente trattato, dall’altro, non possiamo considerarlo completo senza la riconciliazione. Perdono e riconciliazione sono due aspetti della medesima vicenda umana, strettamente connessi e dipendenti l’uno dall’altra: se non può esserci riconciliazione senza perdono, senza riconciliazione, anche il perdono risulta essere monco. L’uno senza l’altra sono destinati a rimanere sterili e a fallire; insieme, invece, sono fecondi e ci portano al successo, sia nei rapporti interpersonali e fraterni, sia nella relazione con Dio. Così come, confessando il nostro peccato con sincerità e dispiacere, siamo perdonati da Dio e ristabiliamo la nostra comunione con Lui, altrettanto, confessando i nostri reciproci falli e perdonandoci gli uni gli altri, ristabiliamo i rapporti con i fratelli in fede e con il nostro prossimo. Grazie al miracolo della morte vicaria di Cristo, Dio ci guarda attraverso Gesù e ci vede risanati e ristabiliti al Suo cospetto. Leggiamo, infatti “Giustificati dunque per fede, abbiamo pace con Dio, per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore” ed ancora: “Tanto più dunque, essendo ora giustificati per il suo sangue, saremo per mezzo di lui salvati dall’ira. Se, infatti, mentre eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio mediante la morte del Figlio suo, tanto più ora, che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo anche in Dio per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo, mediante il quale abbiamo ora ottenuto la riconciliazione” (Romani 5:9-11). Molti sono i modelli che la Parola ci propone, affinché possiamo studiarci di conformare il nostro comportamento al Suo insegnamento: in Luca 15:20-24 troviamo il ben noto episodio del figliol prodigo e del padre misericordioso: se da un lato il figlio riconosce il proprio peccato e desidera il perdono del padre, dall’altro il padre è pronto ad offrire il perdono senza recriminazioni e a ricomporre il rapporto familiare ancor prima di incontrare il figlio (v. 20). In Genesi 13:8:“Allora Abramo disse a Lot: «Ti prego, non ci sia discordia tra me e te, né tra i miei pastori e i tuoi pastori, perché siamo fratelli!” Abramo accorda generosamente a Lot di scegliere il territorio dove stanziarsi. Sempre in Genesi 33:4: “Ed Esaù gli corse incontro, l’abbracciò, gli si gettò al collo, lo baciò e piansero.” Dopo aver estorto con l’inganno ad Esaù il diritto di primogenitura, ed essere scappato per quattordici anni, sebbene terrorizzato, Giacobbe torna da Esaù e questi, potremmo azzardare, inaspettatamente, lo accoglie, lo perdona e i due si riconciliano. Ed ancora in Genesi 45:3-5 leggiamo il conosciuto racconto di Giuseppe, il quale, dopo essere stato vittima dell’esasperata gelosia dei suoi fratelli che lo vendettero schiavo in Egitto, si fa riconoscere da loro, ricongiunge a sé tutta la famiglia e le accorda grandi beni materiali e spirituali. Necessario è altresì che impariamo a chiedere “perdono” e non “scuse generiche”. Chiedere perdono, richiede il sentire intimamente, con sincerità e consapevolezza, riconoscere la gravità dei nostri atti e il dispiacere di aver fatto soffrire. Chiedere scusa, al contrario, implica il mettere in campo, con retorica, una serie di giustificazioni, con l’intento di alleggerire la nostra posizione (vedi parabola del gran convito – Luca 14:15-24). Ad ogni buon conto non possiamo arrogarci il diritto di esercitare la nostra giustizia che finirebbe per mostrare un atteggiamento di falsa superiorità e contribuirebbe a creare sentimenti di malcelata supponenza, portando pericolose contese e irreparabili divisioni. Il perdono, che deve essere offerto a priori, non esclude la disciplina. Il perdono implica la rinuncia ad una qualsiasi rivendicazione (rimettere l’atto accusatorio, la pena), ma non complicità nel peccato commesso. Perdonare significa rinunciare alla vendetta e non compromesso; amare colui che ha offeso ma pregare affinchè si converta dalle sue male azioni. La richiesta di riconciliazione deve essere motivata da una sincera contrizione dell’anima e non un atto di falsa umiltà o di mal celato vittimismo. Talvolta non è buono esplicitare la necessità di perdono e riconciliazione per piccole “scaramucce” quotidiane; relazionandoci con gli altri è inevitabile qualche piccola divergenza (una media di 490 volte al giorno), in modo particolare nei rapporti familiari od anche solo di coppia, risulta addirittura controproducente indugiare in discussioni volte a voler dimostrare ad ogni costo la nostra ragione. Spesso è più efficace, rinunciare ad un nostro diritto ed esercitare un silenzioso atteggiamento interiore che induca al perdono ed alla riconciliazione. Rispettiamo ed amiamo la persona accanto a noi e non denunziamone l’eventuale mancanza. Non permettiamo che il sole tramonti sul nostro cruccio. Viviamo piuttosto ripieni dell’ Amore di Gesù e non solo sopporteremo più agevolmente, saremo altresì d’esempio, poiché: “l’amore coprirà una moltitudine di peccati” (I°Pietro 4:8)
Pastore Raffaele Lucano
P.S.: La predicazione odierna è parte contestuale del soggetto esposto nelle due domeniche precedenti 24 e 31 gennaio 2010.