L’universalmente noto racconto delle nozze di Cana, presenta il primo evidente miracolo di Gesù: quello in cui trasforma l’acqua in vino! Abbiamo anche noi bisogno di potenti manifestazioni per credere? “Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!” (Giovanni 20-29). I personaggi principali di questo brano sono Gesù e Maria, sua madre. Tuttavia, vogliamo puntare la nostra attenzione su delle comparse, o meglio su delle “apparenti” comparse: i servitori.Utilizziamo, infatti, questo testo, per parlare di servizio, di qualità e durata del servizio, di ubbidienza, dunque, nel servizio. E’ necessario fare una premessa: dalla lettura evinciamo che Gesù è ad una festa, non è votato all’eremitaggio, non è prettamente un religioso a se stante.Gesù è gioia e felicità.La nostra felicità non dipende dalle circostanze, bensì dalla nostra fede. Lodiamo Dio non solo per ciò che fa nella nostra vita, bensì e soprattutto per chi Egli è!Ad una lettura superficiale il miracolo di trasformazione dell’acqua in vino, ci pare minore, rispetto alla guarigione del cieco Bartimeo (Marco 10:46-52) oppure rispetto addirittura alla resurrezione di Lazzaro (Giovanni 11:1-45).
Ad una più attenta lettura, comprendiamo invece, che Dio è attento anche alle nostre piccole cose. Prova ne sia la testimonianza dei bambini. Ed è fedele, poiché quando inizia un’opera la porta a compimento (Filippesi 1:6). La reazione al comando “Fate tutto quel che vi dirà” (v.5) è di completa ubbidienza, anche se sembra loro strano riempire d’acqua i recipienti di pietra. Molto più spesso di quanto siamo disposti ad ammettere, vorremmo capire il perché del comando di Dio. Non siamo chiamati a comprendere sempre, bensì ad ubbidire. Non dobbiamo fare programmi autonomamente, bensì affidarci a Dio. La Scrittura ci presenta come monito, un modello negativo di comportamento non sottomesso alla volontà di Dio e le sue tragiche conseguenze, attraverso la figura di Saul. Dio comanda a Saul di votare al totale sterminio gli Amalekiti, ma, Saul non ubbidisce. Egli, infatti, offre come olocausto all’Eterno, la parte migliore del bottino conquistato, invece di distruggerlo, riversando, poi, la responsabilità del suo atto, sul popolo d’Israele. Così facendo perde definitivamente l’unzione ed è rigettato da Dio come re d’Israele “Il Signore gradisce forse gli olocausti e i sacrifici quanto l’ubbidire alla sua voce? No, l’ubbidire è meglio del sacrificio, dare ascolto vale più che il grasso dei montoni; (…) poiché tu hai rigettato la parola del Signore, anch’egli ti rigetta come re” (I°Samuele 15:22). Ciò vale anche per noi: non possiamo pensare che, frequentare il culto di domenica e dare una generosa offerta, sia sufficiente per adempiere il nostro buon comportamento di cristiani. Il nostro cuore deve essere puro ed ubbidiente. Ed a nulla valgono i buoni proponimenti che iniziano sempre da un domani che non arriva mai! Oggi è il giorno buono, giusto ed accettevole per essere ubbidienti. Il comportamento dei servitori, che riempiono fino all’orlo le giare, anche se la festa è sul finire, ci mostra che la loro ubbidienza arriva fino in fondo e sta ad indicare la costanza del servizio. Talvolta cediamo alla stanchezza, alla mancanza di risultati, ma anche noi siamo chiamati a svolgere il nostro servizio fino in fondo: “chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato” (Matteo 10:22). Se è vero com’ è vero, che la salvezza è un dono, è altresì vero che dobbiamo custodire e compiere la nostra salvezza in timore e tremore. Come esseri pensanti e non come burattini, abbiamo ricevuto in dono la misericordia di Cristo da ritenere preziosamente e da alimentare: “Non temere quello che avrai da soffrire; ecco, il diavolo sta per cacciare alcuni di voi in prigione, per mettervi alla prova, e avrete una tribolazione per dieci giorni. Sii fedele fino alla morte e io ti darò la corona della vita” (Apocalisse 2:10). Se la tristezza che proviamo viene da Dio, allora è giustificata perché è a motivo di insegnamento, tuttavia Egli vuole un popolo felice che gode dei Suoi doni “Vi ho detto queste cose, affinché la mia gioia dimori in voi e la vostra gioia sia completa.” (Giovanni 15:11). I consigli buoni sono fondati sulla Parola. Quando Gesù ritornerà, se non ci troverà fedeli e pronti, non ci porterà con Sé. Possiamo mai correre questo rischio? Talvolta chiediamo a Dio, in preghiera, di incoraggiarci ad essere ubbidienti per dare una buona testimonianza. Tuttavia, questo non dipende dall’intercessione, bensì da quanto attingiamo dalla fonte d’acqua viva della Parola. E’ buono frequentare il culto per ricevere, ma anche e soprattutto, per dare gloria a Dio e lodarLo tutti insieme. Non dipendiamo da qualcosa o qualcuno, bensì dalla Parola di Dio: “Se qualcuno ha sete venga a me e beva” (Giovanni 7:37) ed anche: “Dell’argento e dell’oro io non ne ho; ma quello che ho, te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!” (Atti 3:6) ed ancora: “Ma riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su di voi, e mi sarete testimoni in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all’estremità della terra” (Atti 1:8). Abbiamo ricevuto una chiamata ed un messaggio per dare agli altri, e per poterlo fare dobbiamo abbeverarci alla Parola di Dio, alla Sua sapienza, non a quella umana: “Infatti Cristo non mi ha mandato a battezzare ma a evangelizzare; non con sapienza di parola, perché la croce di Cristo non sia resa vana (…) ma per quelli che sono chiamati, tanto Giudei quanto Greci, predichiamo Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio” (I° Corinzi 1:17; 24). Quando nella Chiesa ci sono conversioni, battesimi nello Spirito Santo, doni e ministeri, non offriamo solo acqua, bensì anche “vino pregiato”, che in questo caso è figura dello Spirito Santo. Voglia Iddio ancora manifestare la Sua potenza nel nostro mezzo! Dal testo evinciamo un’altra caratteristica propria dei servitori, essi conoscono la situazione: “egli non ne conosceva la provenienza, ma la sapevano bene i servitori che avevano attinto l’acqua” (v.9). Non il maestro di tavola, né gli sposi e nemmeno gli invitati, solamente Gesù e i servitori. Quanti rispondono in ubbidienza alla chiamata al servizio, hanno il privilegio di ricevere disposizioni direttamente dal Signore: “…hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti, e le hai rivelate ai piccoli fanciulli” (Matteo 11:25) Gesù parla a tutti in parabole, ma con discepoli parla chiaramente; solo ai Suoi discepoli, fa comprendere cose, che i credenti generici non afferrano. I servi di Dio hanno un canale di comunicazione preferenziale con Dio: parafrasando, possiamo affermare che lo Spirito Santo ci rivela, illuminando la nostra mente e sensibilizzando la nostra coscienza, ciò che Dio e Gesù si dicono. Quando Gesù parla di nuova nascita a Nicodemo (Giovanni 3:1-21), sebbene religioso istruito nella Legge divina, egli non comprende immediatamente: “Tu sei dottore d’Israele e non conosci queste cose?” (v.10), semplicemente intuisce una verità spirituale.
La Parola di Dio deve essere letta, meditata con lo spirito e l’anima, deve, in altre parole, essere ispirata e rivelata dallo Spirito Santo. Come uomini e donne di Dio, siamo chiamati ad ubbidire fino in fondo, ad attingere dalle Scritture, ad accertarci di aver ben compreso il messaggio rivelatoci con un linguaggio particolare: “Invocami, e io ti risponderò, ti annunzierò cose grandi e impenetrabili che tu non conosci”(Geremia 33:3). Anche se saremo perseguitati da altri credenti, come il profeta Geremia, il quale non rinuncia alla Parola di profezia dell’Eterno, anche a rischio della vita (Geremia 26:1-24), anche noi, una volta indossata la completa armatura di Dio (Efesini 6: 10-18), potremo resistere e rimanere saldi. Come per Mosè, che riceveva disposizioni direttamente da Dio, per i servitori ubbidienti, c’è ora una dimensione nuova e privilegiata: Egli parla ancora oggi personalmente a quanti vivono alla Sua presenza. Che ognuno di noi risponda come Samuele: “Parla o Eterno, che il Tuo servo ascolta” (I° Samuele 3-10). Amen!