dalla predicazione del 19 Dicembre 2010
Lettura da Cantico dei Cantici 8:1-7
Chi sono i due amanti che si scambiano amorevoli parole e gesti? Lo sposo, il saggio Salomone, e la sposa, colei che sale dal deserto, proveniente dal Sulam. Salomone s’innamora, ricambiato, della Sulamita. Essi si scambiano un sentimento profondo che non è regolato da una logica naturale. L’amore coniugale che lega i due è diverso da quello naturale dei genitori per i figli, o dell’affezione che si prova verso le persone care, gli amici. Tra un uomo ed una donna, estranei, che non hanno alcuna precedente relazione, affinità od interesse in comune, accade che scatti una scintilla particolare.
Dio ha messo questo straordinario tipo di amore che dura un’intera vita tra un uomo ed una donna che non si conoscono. L’amore di Gesù per noi è di questo tipo! Non c’è affinità alcuna tra Lui e noi, tuttavia Egli si è innamorato di noi e noi Lo ricambiamo: “Noi amiamo, perché Egli ci ha amati per primo” (I° Giovanni 4:19). La Sulamita, fanciulla bruna che sale dal deserto, considerata per molti una persona di poco conto, scartata dalla gente comune, ma non da Salomone. Sebbene di rango e ceto diversi, ella attira l’attenzione del re. Lo stesso accade tra Gesù e noi, la sua Chiesa: dovremmo essere scartati, ma Egli si innamora di noi. Non dobbiamo dunque stupirci che Dio veda una Chiesa perfetta: Gesù ci ha scelti, non perché noi abbiamo, in qualche modo, attirato la Sua attenzione, ma perché ci ama. Nondimeno, il nemico delle anime nostre, pur sapendo che la Chiesa è un organismo, ci vede come una organizzazione umana di gente che vale poco o nulla, che si trova insieme non avendo di meglio da fare che adorare Dio; tenta di farci dunque oggetto del suo scherno e non ha pietà di noi. Coraggio, non diamo spazio al diavolo, Gesù è morto per noi, per tutti noi: i dodici erano il prototipo della varietà del genere umano, tra loro vi era persino un ladro, che Gesù, fino all’ultimo, chiama amico: “Ma Gesù gli disse: Amico che cosa sei venuto a fare?” (Matteo 26:50). Vista dall’uomo, la Chiesa è una minoranza di persone di scarso fascino e nessuna attrattiva. La Chiesa è un organismo, in un certo qual modo, persino invidiato dagli angeli, in quanto non essendo peccatori, non possono sperimentare e realizzare la grazia della redenzione: “Perciò io ti dico: i suoi molti peccati le sono perdonati, perché ha molto amato, ma colui a cui è poco perdonato, poco ama (Luca 7:47); “E fu loro rivelato che non per se stessi, ma per voi, amministravano quelle cose che ora vi sono state annunziate da coloro che vi hanno predicato il vangelo, mediante lo Spirito Santo inviato dal cielo: cose nelle quali gli angeli penetrare con i loro sguardi” (I° Pietro 1:12). Gli angeli, infatti, a motivo della loro condizione di creature celesti, non possono realizzare la bellezza del perdono: “perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato” (Luca 15: 24). Anche noi siamo nelle stesse condizioni del figliol prodigo, Dio è venuto a cercarci nella porcilaia, non ci ha accusato, bensì ci ha tratti dal fango, ci ha ripuliti, rivestiti ed ha festeggiato con noi, non sacrificando semplicemente il vitello ingrassato, bensì donandoci Gesù. Non è tuttavia importante ciò che della Chiesa pensano gli uomini, gli angeli, il nemico, finanche noi stessi, bensì cosa ne pensa Dio! Il Signore vede la Sua Chiesa come un insieme di santi, intesi, non come vuole la tradizione, “figure aureolate” (gloria a Dio per averci emancipato da tali credenze), bensì come popolo separato, così si evince dall’etimologia del termine, appartato per essere dedito ad un servizio “Io prego per loro non prego per il mondo, ma per quelli che tu mi hai dati perché sono tuoi (…) Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo (Giovanni 17:9;16) ; “Or voi siete il Corpo di Cristo, e membra di esso, ciascuno per la propria parte” (I°Corinzi 12:27). Ed il Corpo di Cristo è attivo e la sua azione è armoniosa affinché il beneficio dell’agire sia pieno ed omogeneo. Il Signore ha posato il Suo occhio su di noi, perciò siamo preziosi per Lui. Non appartenendo al mondo, il Corpo di Cristo è anche il tempio dello Spirito Santo. Siamo pertanto chiamati a trattarlo con rispetto, poiché esso è immagine di ciò che Gesù vuole riflettere sul mondo. Questo è ciò che gestiamo di Gesù. Il messaggio diretto è di grande responsabilità: un detto popolare recita così: “l’abito non fa il monaco”, tuttavia, vogliamo aggiungere, fa il cristiano! Non intendiamo significare apparenza o superficialità, senza contenuto, bensì impressione al primo impatto. Attivandoci come cristiani, rappresentiamo la Chiesa, quindi, in ultima analisi, Gesù. Fossimo ambasciatori di un Capo di Stato, parteciperemmo ad un ricevimento ufficiale in maniche di camicia…? Ebbene siamo ambasciatori del Capo di Stato in assoluto! Presentiamoci di conseguenza in modo più che adeguato! Non si tratta tuttavia di legalismo, di rispetto delle regole, per timore delle eventuali conseguenze in caso di trasgressione; questo è il comportamento di quanti sono sottoposti servilmente alla legge. Nondimeno noi siamo nel tempo della grazia, e siamo liberi di osservare la legge semplicemente perché siamo felici di rallegrare Dio compiendo il nostro servizio per l’opera Sua “Dimorate in me ed io dimorerò in voi, come il tralcio non può da se portare frutto se non dimora nella vite, così neanche voi se non dimorate in me (…) Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi (…) Voi siete miei amici se fate le cose che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa cosa fa il suo signore; ma vi ho chiamati amici perché vi ho fatto conoscere tutte le cose che che ho udito dal Padre mio” (Giovanni 15:4; 12; 14-15). Ogni membro della Chiesa di Cristo è il frutto del Suo sacrificio per noi. Dio ci vede attraverso l’amore di Gesù, infatti: “…Cristo ha amato la Chiesa ed ha dato se stesso per lei, per santificarla dopo averla purificata, lavandola con l’acqua della parola, per farla comparire davanti a se, gloriosa, senza macchia, senza ruga o altri simili difetti, ma santa e irreprensibile” (Efesini 5:25-27). Gesù ci presenta al Padre, addirittura davanti a se, prima ancora che facessimo la benché minima cosa per Lui, pertanto, ne consegue che, non essere al centro della Sua volontà, equivale a vanificare il Suo sacrificio. Iddio ci aiuti a comprendere la portata delle conseguenze di tale comportamento, affinché possiamo centrare il Suo obiettivo per noi! Colei (la Chiesa) che sale, il verbo indica dinamismo, azione, dal deserto (figura del peccato) e Salomone (figura di Cristo) la prende, separandola dalla confusione, dalla disperazione del peccato, che la rendeva pecora errante. Finalmente emancipata dalla vacuità del mondo, la Chiesa eletta non è più superficiale, cresce e matura, acquista la responsabilità di guardare direttamente la realtà del peccato e di estirparlo completamente. Come membri della Chiesa, amata sposa di Cristo, spiritualmente maturi ci confrontiamo gli uni gli altri nell’amore, grati e riconoscenti dell’universale e totale sacrificio di Gesù per ognuno di noi: “Colui che viene a me, io non lo caccerò fuori” (Giovanni 6:37). Nei “colui”, noi siamo già compresi, gloria a Dio per questo, ma che dire dei dodici milioni e mezzo di italiani che, secondo una recente statistica si rivolgono ogni anno all’occultismo? Questa marea umana aspetta il messaggio dell’Evangelo, e noi, salvati in Cristo, dobbiamo sentire il peso della responsabilità di portarlo. Egli con la salvezza, ci ha anche accordato la nuova nascita, il battesimo nello Spirito Santo, la santificazione, un percorso di valore in valore, la certezza della vita eterna. Cosi come (v.5) la Sulamita (figura della Chiesa, amata sposa di Cristo) sale dal deserto (figura del peccato) appoggiata all’amico Suo (Salomone, figura di Cristo), così noi possiamo appoggiarci all’amorevole braccio di Gesù, per salire in Alto con Lui. Come un marito affezionato porge il braccio alla moglie per sostenerla, così Gesù ci offre il Suo per condurci lungo acque calme (Salmo 23). Non avendo nulla di nostro da presentare, dobbiamo necessariamente dipendere da Lui; se rinunciamo alla nostra vita e riteniamo Gesù nel nostro cuore, inevitabilmente trasparirà “Chi ama padre e madre più di me, non è degno di me; che ama figlio o figlia più di me, non è degno di me” (Matteo 10:37); “Non temere quello che avrai da soffrire; ecco il diavolo sta per cacciare alcuni di voi in prigione, per mettervi alla prova, e avrete una tribolazione per dieci giorni. Sii fedele fino alla morte ed io ti darò la corona della vita” (Apocalisse 2:10). Nati di nuovo, realizzando quotidianamente la Sua presenza che ci invita a santificarci, avremo la certezza di appartenerGli totalmente e potremo vincere con Lui. Se siamo Suoi, e ci lasciamo guidare, Egli saprà come e dove condurci. Amen!