dalla predicazione del 15 Gennaio 2012
Lettura da Matteo 20:29-34
Nell’antichità Gerico era considerata una città maledetta. Eppure Gesù è in questo luogo. Sembra che spesso si trovi in luoghi poco “opportuni”, ma Egli è sempre accanto a quanti sono ai margini della società, a quanti sono nel bisogno. Proprio uscendo dalla città, seguito da una gran folla, incontra due ciechi. Talvolta noi siamo spiritualmente ciechi e bisognosi dell’aiuto del Signore tanto e più dei due uomini di Gerico.
Anche noi, come loro, non possiamo altro che condividere la nostra cecità con chi ci sta accanto, ed anche noi, come loro, non possiamo uscire dal nostro stato, se non con il potente intervento di Gesù. Oggi come allora, Gesù vuole entrare nel tuo e nel mio cuore. Sebbene non lo possano vedere, i due si accorgono della presenza del Maestro dal gran fermento tutt’intorno e, pur impediti dalla loro condizione, si rivolgono a Lui. Non si fanno frenare dalla pressione contraria della folla tutt’intorno e gridano a Lui sempre più forte. Oggi siamo più di sette miliardi sulla terra, e potremmo essere portati a pensare che Dio sia troppo indaffarato perché abbia tempo per noi … ma non è così! Proprio come Gesù si accorse dei due ciechi in mezzo alla moltitudine, oggi, in questo preciso istante, Egli è attento e presente ad ogni nostro grido, addirittura ad ogni nostro sommesso sussurro. Egli è pronto ancora ad esercitare la Sua potenza, perché: “Molte sono le afflizioni del giusto, ma il Signore lo libera da tutte” (Salmo 34:19); ma dobbiamo comprendere che il miracolo che Egli può e vuole compiere, non è meramente atto a soddisfare un nostro bisogno, bensì esso è a gloria del Suo nome. Dio non è mai in ritardo: non temiamo l’attesa, diamole piuttosto un valore. Durante l’attesa abbiamo l’opportunità di apprendere e comprendere gli insegnamenti che Egli ci vuole dare. La folla cercava di frenare la richiesta accorata: “Abbi pietà di noi!” (v.31). Molti sono gli ostacoli che si frappongono sul cammino di quanti vogliono incontrare Gesù, pensiamo anche alla donna del flusso di sangue (Marco 5:25-34), ma, anche noi come loro, non dobbiamo desistere. Anche noi “gridiamo più forte” (v.31), con più fede. Per i due ciechi era l’ultima occasione, oggi potrebbe essere la nostra! La cecità spirituale di oggi è il peccato. Gesù ascolta con grande sensibilità e, nonostante il parere contrario della gente e dei Suoi, si avvicina, non come un despota, bensì come un amico, non costringendo, bensì invitando me e te. Egli ha non pena, bensì pietà, compassione di noi, poiché si è caricato dei nostri pesi, ha vissuto le nostre stesse situazioni: “Disprezzato e abbandonato dagli uomini, uomo di dolore, familiare con la sofferenza, pari a colui davanti al quale ciascuno si nasconde la faccia, era spregiato, e noi non ne facemmo stima alcuna. Tuttavia erano le nostre malattie che egli portava, erano i nostri dolori quelli di cui si era caricato; ma noi lo ritenevamo colpito, percosso da Dio e umiliato! Egli è stato trafitto a causa delle nostre trasgressioni, stroncato a causa delle nostre iniquità; il castigo, per cui abbiamo pace, è caduto su di lui e mediante le sue lividure noi siamo stati guariti.” (Isaia 53:3-5). Possiamo ben dire che Dio è amore con giustizia e giustizia con amore. Gesù ci invita: “Se qualcuno ha sete venga a me e beva” (Giovanni 7:37). Beato colui che risponde si! Parrebbe che Gesù faccia una domanda quanto meno bizzarra ai due ciechi: “Che volete che io vi faccia?” (v.32), se il Signore conosce, perché chiedere, perché pregare, perché andare al culto? La domanda è attuale ed è per te e per me: “Cosa vuoi che io ti faccia? Apri i miei occhi spirituali!”
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