Nel discorso di apertura del Sermone sul monte, Gesù evidenzia alcune caratteristiche molto importanti del comportamento cristiano che ci devono differenziare dal mondo. E’ assolutamente necessario prendere a cuore gli insegnamenti di Gesù ed applicarli alle nostre relazioni con coloro che vivono intorno a noi. Alcune virtù cristiane In alcune versioni della scrittura il titolo di questo passo biblico è: “Le beatitudini”. “Beato” significa: “benedetto, soddisfatto, molto favorito”. Leggiamo in Matteo 5:5-9: “Beati i mansueti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che sono affamati e assetati di giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché a loro misericordia sarà fatta. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati quelli che si adoperano per la pace, perché saranno chiamati figli di Dio.” Gli insegnamenti di Gesù sono il codice etico ed il modello di condotta per tutti i credenti e rivelano il profondo contrasto tra gli effimeri valori proposti dal mondo e quelli veri ed approvati da Dio.
Tali insegnamenti costituiscono il fondamento della vita cristiana, permettendoci di coglierne il vero significato, quando mettiamo da parte il nostro “io”, e ci doniamo completamente al Signore, ubbidendoGli e servendo gli altri. Dal testo evinciamo quattro virtù che sono suscitate dall’essere nato di nuovo e che tuttavia dobbiamo imparare ad esercitare: mansuetudine, giustizia, purezza di cuore e pace. La mansuetudine, pur non essendo un segno di debolezza, esprime l’umile riconoscimento della propria completa dipendenza da Dio e si dimostra nella dolcezza, nella pazienza e nella tolleranza. Se un credente desidera vincere il male attraverso la rettitudine della propria vita, cristianamente, la giustizia, deve essere intesa non esclusivamente in rapporto a Dio, bensì anche riguardo agli altri, intendendola come un principio di santità ed equità. L’esercizio della misericordia è direttamente proporzionale alla piena realizzazione di non essere degni della grazia di Dio, senza la quale non sfuggiremmo alla condanna eterna. Coscienti di aver ricevuto questo tanto immeritato quanto inestimabile dono, saremo pronti a mostrarla verso chiunque venga in contatto con noi.
Risplendere della luce divina Il detto “brillare di luce riflessa” ha solitamente una connotazione alquanto negativa per il criterio di valutazione corrente, in quanto presuppone che il “brillante” utilizzi una luce che non gli appartiene e una volta scoperto, sia in grande imbarazzo. Sappiamo bene che i cristiani vadano contro corrente. E lo fanno anche in questo caso: essi, infatti, sono felicissimi di brillare di luce riflessa, perché la luce che riflettono è la luce di Dio. E quando sono scoperti, si rallegrano, perché la loro testimonianza, dando gloria a Dio e non a loro stessi, risulta infine efficace. Questo è ciò che ci insegna Gesù, utilizzando l’esempio della luce: “Voi siete la luce del mondo. Una città posta sopra un monte non può rimanere nascosta, e non si accende una lampada per metterla sotto un recipiente; anzi la si mette sul candeliere ed essa fa luce a tutti quelli che sono in casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli.” (Matteo 5:14-16). La vita del cristiano si distingue per qualità e stile rispetto al modello corrente, esprimendo coerenza con gli insegnamenti scritturali ed autentica testimonianza di fede. Il timore di essere additati come fanatici o nel migliore delle ipotesi come diversi, non deve permetterci di occultare la nostra relazione con Cristo. La paura di essere considerati integralisti non ci impedisca di essere integri. Non intendiamo qui parlare di abiura, bensì richiamare l’attenzione sulla facilità di cadere nel compromesso di non denunciare il male, in nome di un supposto quieto vivere in famiglia, a scuola, sul posto di lavoro, invece di prendere una posizione che onori Cristo, permettendo che la tolleranza diventi complicità, pregiudicando la nostra testimonianza di fede e la gloria di Dio. Lo strumento concreto per manifestare la luce divina è dunque il nostro agire. Il nostro buon comportamento è, infatti, il più efficace supporto all’annuncio dell’Evangelo, affinché, portando gloria ed onore a Lui, e, non cercando riconoscimento proprio, il nostro prossimo di oggi conosca la realtà di Dio, comprenda perché noi ne siamo stati conquistati e ne sia a sua volta attratto, diventando così la nostra fratellanza di domani. E’ opportuno in questa sede, ancora una volta, precisare che le opere hanno valenza ai fini della santificazione e non della salvezza. Con il conforto della Scrittura: “infatti è Dio che produce in voi il volere e l’agire, secondo il suo disegno benevolo.” (Filippesi 2:13); “infatti, siamo opera Sua, essendo stati creati in Gesù Cristo, per fare le opere buone, che Dio ha precedentemente preparate affinché le pratichiamo” (Efesini 2:10); “infatti, come il corpo, senza lo spirito, è morto, così anche la fede, senza le opere, è morta” (Giacomo 2:26), possiamo ben affermare che parlare di fede senza che vi siano opere coerenti disonora la grazia di Dio; esaltare le opere senza comprendere il valore della fede, significa sprezzare la salvezza per grazia.
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