Cosa proviamo come credenti di fronte all’indigenza ed alla povertà? Ne siamo coinvolti emotivamente? E cosa siamo disposti a fare per necessità tanto impellenti? La nostra fedeltà nell’aiutare gli altri è misurata dal nostro grado di disponibilità a condividere l’amore di Cristo con chi soffre e chi e nel bisogno.
Ubbidire al comandamento divino Leggiamo in Deuteronomio 15:7-11: “Se ci sarà in mezzo a voi in una delle città del paese che il SIGNORE, il tuo Dio, ti dà, un fratello bisognoso, non indurirai il tuo cuore e non chiuderai la mano davanti al tuo fratello bisognoso; anzi gli aprirai largamente la mano e gli presterai tutto ciò che gli serve per la necessità in cui si trova. Guàrdati dall’accogliere nel tuo cuore un cattivo pensiero che ti faccia dire: «Il settimo anno, l’anno di remissione, è vicino!», e ti spinga ad essere spietato verso il tuo fratello bisognoso, così che non gli darai nulla; poiché egli griderebbe al Signore contro di te, e un peccato sarebbe su di te. Dagli generosamente; e quando gli darai, non te ne dolga il cuore; perché, a motivo di questo, il Signore, il tuo Dio, ti benedirà in ogni opera tua e in ogni cosa a cui porrai mano. Poiché i bisognosi non mancheranno mai nel paese; perciò io ti do questo comandamento e ti dico: apri generosamente la tua mano al fratello povero e bisognoso che è nel tuo paese.” Era dunque nel piano di Dio allora, come oggi che nessuno vivesse nella povertà e nell’indigenza. Sebbene la Scrittura non appoggi palesemente l’etica della prosperità, Essa ci testifica che il Signore sovverrà anche ai nostri bisogni materiali e, molto spesso, sebbene, sia Sua facoltà operare miracoli dal nulla, a questo scopo preferisca servirsi del Suo popolo. Chi, dunque, si dispone a dare, diventa lo strumento nelle mani di Dio per rispondere ad un bisogno particolare. Egli ci vuole sensibile ai bisogni del prossimo, ci esorta a non essere duri di cuore e a non chiudere la nostra mano quando qualcuno è nel bisogno, bensì a dare liberamente e largamente. La nostra risposta ai bisogni altrui attesta la presenza dell’amore di Dio nel nostro cuore. Sempre con il conforto della Parola: “Così parlava il Signore degli eserciti: Fate giustizia fedelmente, mostrate l’uno per l’altro bontà e compassione; non opprimete la vedova né l’orfano, lo straniero né il povero; nessuno di voi, nel suo cuore, trami il male contro il fratello.” (Zaccaria 7:9-10), comprendiamo che, Zaccaria, parlando per lo Spirito di Dio, esorta il popolo d’Israele ad essere retto ed onesto nei rapporti con gli altri, a mostrare misericordia e compassione a tutti coloro che si trovavano nel bisogno e nella sofferenza, anche vittime di qualche prepotente che approfittava della loro condizione. La Scrittura ci offre un’ulteriore magnifica certezza: “Felice l’uomo che ha compassione, dà in prestito e amministra i suoi affari con giustizia, perché non vacillerà mai; il giusto sarà ricordato per sempre. Egli non temerà cattive notizie; il suo cuore è saldo, fiducioso nel Signore. Il suo cuore è tenace, privo di paure e alla fine vedrà sui suoi nemici quanto desidera. Egli ha dato generosamente ai bisognosi; la sua giustizia dura per sempre e la sua fronte si alza gloriosa.” (Salmo 112:5-9). Riferendosi all’indicazione circa l’anno sabbatico, Dio esortò il Suo popolo a non essere avaro: visto l’approssimarsi della scadenza temporale, qualcuno, infatti, avrebbe potuto rifiutare l’elargizione di un prestito. Tale monito è attuale: quante volte vediamo persone pronte a negare aiuto, poiché le circostanze non suggeriscono alcuna possibilità di guadagno. Il nostro amore per gli altri deve essere tale da segnare la differenza tra compassione e cupidigia. E’, invero, l’amore a dare ricchezza, non il denaro.
Mostrare compassione cristiana Leggiamo in Proverbi 31:10;20:“Una donna virtuosa chi la troverà? Il suo pregio sorpassa di molto quello delle perle. (…) Tende le palme al misero, e porge le mani al bisognoso.” Sebbene dal testo evinciamo un esempio al femminile, non fermiamoci a considerare il genere, se non in relazione al fatto che le donne orientali nell’epoca descritta, avevano un ruolo a dir poco marginale nella società. Pertanto ne consegue che il modello possa essere attuale e valido per ciascuno di noi. Una persona virtuosa possiede un forte senso morale, una sana aspirazione, è industriosa e scrupolosa nell’attendere ai suoi doveri ed il suo valore è inestimabile. Dal testo evinciamo due caratteristiche peculiari delle mani di questa persona: queste mani sono a palme rivolte verso l’alto nell’atto di ricevere dall’Alto e contemporaneamente di donare all’altro e sono tese in avanti nell’atto di favorire l’azione ed il servizio. Questa persona sa che: “chi ha pietà del povero, presta al Signore” (Proverbi 19:17). Possiamo facilmente immaginare che tali mani fossero pronte a rialzare e confortare chi aveva bisogno d’incoraggiamento. Ognuno di noi possa avere mani operanti tale compassione verso chi è nella necessità.
- 1
- 2