Dio, nella Sua parola afferma il desiderio che i Suoi figli pratichino la giustizia, siano sinceri e onesti gli uni gli altri; che amino la misericordia, mostrino amore e compassione come Lui l’ha mostrata a noi. Infine che camminino in stretta comunione con Lui. I rapporti di lavoro Il Signore ha una volontà chiara per ciascuno di noi e vuole che ci conduciamo correttamente, lavorando onestamente per aiutare il prossimo ed avere così una sana ed efficace testimonianza dell’Evangelo. All’epoca della chiesa neotestamentaria imperava la dominazione romana con le sue leggi, tra le quali la schiavitù. Se a noi può risultare difficoltoso gestire i rapporti di lavoro, mantenendo alto il nostro profilo cristiano, prendiamo spunto per riflettere sul nostro comportamento, dalla lettera a Filemone. Onesimo era schiavo di Filemone e, sebbene dal testo non si evinca di preciso il reato, sappiamo che a motivo di questo era fuggito. Tale comportamento legittimava la condanna a morte. Le posizioni di Onesimo e di Filemone sono legittimamente opposte: il primo, sebbene disposto a riconoscere l’errore, non voglia chiedere perdono perché teme per la sua vita; il secondo può esigere l’esecuzione della condanna a morte.
Paolo va ben oltre le posizioni di avvocato, procuratore e giudice: pone l’accento sulla loro comune condizione di fratelli in Cristo, mentre possiamo leggere spiritualmente la sua persona, in questo episodio, come figura di Cristo: “Forse proprio per questo è stato lontano da te per un tempo, affinché lo riavessi per sempre, non più come schiavo, ma molto di più che schiavo, come un fratello caro specialmente a me, ma ora molto più a te, sia sul piano umano sia nel Signore! Se dunque mi consideri in comunione con te, accoglilo come me stesso. E se ti ha fatto qualche torto o ti deve qualcosa, addebitala a me. Io Paolo, scrivo di mia propria mano: pagherò io; per non dirti che tu mi sei debitore perfino di te stesso” (v.15-19). Sebbene ai nostri giorni i rapporti di lavoro siano regolati in tutt’altro modo, l’ammonimento “Servi ubbidite in ogni cosa ai vostri padroni, secondo la carne; non servendoli solo quando vi vedono, come per piacere agli uomini, ma con semplicità di cuore, temendo il Signore. Qualunque cosa facciate, fatela di buon animo, fate ogni cosa come per il Signore, e non per gli uomini, sapendo che da Signore riceverete per ricompensa, l’eredità. Servite Cristo, il Signore! Infatti, chi agisce ingiustamente riceverà la retribuzione del torto che avrà fatto senza che ci siano favoritismi. Padroni date ai vostri servi ciò che è giusto ed equo, sapendo che anche voi avete un padrone nel cielo” (Colossesi 3:22-25; 4:1) è valido anche per noi e deve essere alla base del nostro comportamento sul posto di lavoro. Questo ci terrà al riparo dall’ abusare del nostro ruolo, qualora fossimo datori di lavoro, con lavoro nero, sfruttamento, mancanza di sicurezza, e, qualora fossimo prestatori d’opera, con assenteismo, indennità per malattia non giustificata, permessi usufruiti ingiustamente, sapendo che tutti dovremo rendere conto a Dio del nostro operato. Nondimeno non è conveniente coinvolgerci in battaglie umane contro ingiustizie e problemi sociali, che se da un lato possono essere degni del nostro impegno, dall’altro potrebbero rischiare di distrarci dalla nostra missione principale: l’annuncio dell’Evangelo. Battersi per questi temi deve essere soltanto una naturale estensione del nostro vero ministerio: predicare la salvezza in Cristo.
I rapporti con le autorità “Io ho dato loro la tua parola; e il mondo li ha odiati, perché non sono del mondo, come io non sono del mondo …” (Giovanni 17:14); “Io non sono più nel mondo , ma essi sono nel mondo … Padre conservali nel tuo nome …” (Giovanni 17:11); “Voi siete il sale della terra; ora, se il sale diviene insipido, con che lo si salerà? Non è più buono a nulla se non ad essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo; una città posta sopra un monte non può rimanere nascosta” (Matteo 5:13-14). Dio è sempre stato interessato alla nostra vita quotidiana e ai nostri rapporti con gli altri, tanto da indicarci la via da seguire ed è bello sapere che Dio non ci lascia allo sbaraglio ma ci insegna come comportarci all’interno della società. Lui stesso sa che, pur non essendo di questo mondo, siamo in questo mondo e, come cittadini di questo mondo, abbiamo la responsabilità di manifestare la gloria di Dio anche attraverso il nostro comportamento nei confronti delle autorità. Attraverso la nostra condotta onesta e ordinata diciamo: “Guardate, io sono di Cristo”. E’ ovvio che il solo parlare non indica la nostra appartenenza a Dio. La nostra vita spirituale deve essere accompagnata dai fatti. Anche se noi siamo cittadini del cielo, perché è questo ciò che attendiamo, di andare in cielo con Gesù, dobbiamo essere sottomessi alle autorità costituite. In Romani 13 leggiamo che ogni persona deve essere sottoposta alle autorità superiori perché esse sono state stabilite da Dio. Non possiamo opporci alle autorità in nome della libertà in Cristo. Così facendo, attireremmo su di noi il giudizio divino oltre che quello terreno. Le autorità sono state istituite per punire i malfattori. In buona sostanza, Dio ci esorta dicendo “vuoi non aver paura delle autorità? Fai quel che è bene e avrai la lode da essa.” Questo consiste dunque anche nel pagare le tasse, rispettando doveri e responsabilità civili, e se dovessimo considerare pesante ciò che ci viene imposto, abbiamo l’obbligo di pregare per le nostre autorità affinché Dio illumini sempre la loro mente. Se noi rispettiamo le autorità, di certo, condurremo una vita tranquilla, lontano dalle accuse. “Siate soggetti per amore del Signore ad ogni autorità creta dagli uomini: al re come al sovrano; ai governatori come mandati da lui per punire i malfattori e per dar lode a quelli che fanno il bene. Poiché questa è la volontà di Dio , che facendo il bene turiate la bocca all’ignoranza degli uomini stolti; come liberi, ma non usando già della libertà qual manto che copra la malizia, ma come servi di Dio” (I Pietro 2:15-16). Per rispettare le autorità è necessario che questo atteggiamento sia costante nella nostra vita, a partire dai nostri genitori, i nostri pastori, i nostri insegnanti, i nostri datori di lavoro. Solo così potremo dire di rispettare Dio e la sua autorità.
I rapporti con la società Tempo fa il Pastore, durante un’agape fraterna, domandò quale fosse il primo segno che contraddistingue il cristiano. Un fratellino scherzando rispose: “Il pesciolino sulla macchina!” Questo episodio mi è tornato in mente come spunto di riflessione. Siamo quello che facciamo. Dobbiamo rispettare il codice della strada. La soluzione non può essere: “Siccome ho una guida spregiudicata, non metto il pesciolino sulla macchina, per non rischiare di dare scandalo!” Questo è solo un piccolo esempio per sottolineare che, sembra impossibile, Gesù ha messo la Sua reputazione nelle nostre mani. Il nostro comportamento non pregiudica solo la nostra persona, bensì la persona di Cristo. Tutti ci guardano, è inevitabile! Dio compreso! Glab! Questo potrebbe essere un problema più grave! Nella Scrittura troviamo molti uomini di Dio sui quali Dio ha investito la Sua fiducia: Giobbe, Noè, Daniele e i suoi amici, solo per fare qualche nome. Fra questi nomi potrebbe esserci il nostro? L’esempio perfetto è Gesù, pertanto il modello da perseguire è estremamente alto e difficile. Tuttavia, come sempre il Buon Padre, se da un lato ci presenta il modello, dall’altro ci mostra la modalità di perseguimento. Leggiamo in Romani 13:8-10: “Non abbiate altro debito con nessuno se non di amarvi gli uni gli altri; perché chi ama il prossimo ha adempiuto la legge. Infatti, il non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non concupire, e qualsiasi altro comandamento si riassumono in questa parola: ama il tuo prossimo, come te stesso. L’amore non fa nessun male al prossimo; l’amore quindi è l’adempimento della legge.” Ed ancora in I Corinzi 13:4-7: “L’amore è paziente, è benevolo, l’amore non ividia, l’amore non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non s’inasprisce, non addebita il male, non gode dell’ingiustizia, ma gioisce nella verità; soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa.” Se applicassimo queste parole alla nostra vita quotidiana, non sarebbe necessario scrivere un rigo oltre, circa quest’argomento. Purtroppo, taluni cristiani, o sedicenti tali, applicano comportamenti diversi a seconda dell’ambiente e della contingenza in cui si trovano. Ricordo quando avevo quattordici anni, la prima volta che mio papà mi mandò all’estero da sola a lavorare. La lunga serie degli ammonimenti terminava con un perentorio: “Mi raccomando, non farmi far figure!” Non ci è permesso utilizzare l’etica della situazione, se siamo figli di Dio, dobbiamo necessariamente mettere in campo, sempre, l’etica evangelica. Leggiamo in Filippesi 2:14-15: “Fate ogni cosa senza mormorii, e senza dispute, perché siate irreprensibili e integri, figli di Dio senza biasimo in mezzo a una generazione storta e perversa, nella quale risplendete come astri nel mondo.” Oltre a contribuire al mantenimento della nostra buona salute spirituale, la buona testimonianza è il telepass dell’autostrada evangelistica. Solitamente quando si dice “brillare di luce riflessa” il commento porta in se un’accezione negativa; per il cristiano è una gioia e un privilegio poter riflettere la luce di Cristo e riversare sul prossimo l’amore da Lui ricevuto: “… l’amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo che ci è stato dato” (Romani 5:5), “Carissimi, amiamoci gli uni gli altri perché l’amore è da Dio e chiunque ama è nato da Dio e conosce Dio” (I Giovanni 4:7), affinché sia benignamente contagioso ai fini della salvezza delle anime perdute.
Considerazioni finali Rappresentiamo Gesù nel mondo, pertanto dobbiamo vivere come Lui stesso vivrebbe, se fosse al nostro posto. Un comportamento rispettoso e corretto riflette l’atteggiamento e il carattere di Cristo.