Testimoni guidati da Dio “Andrea, fratello di Simon Pietro, era uno dei due che avevano udito Giovanni e avevano seguito Gesù. Egli per primo trovò suo fratello Simone e gli disse: Abbiamo trovato il Messia (che, tradotto, vuol dire Cristo); e lo condusse da Gesù. Gesù lo guardò e disse: Tu sei Simone figlio di Giovanni; tu sarai chiamato Cefa (che si traduce Pietro)”. (Giovanni 1:40-42) “Messia” significa “unto” che in greco si traduce con “Cristo”. Nell’Antico Testamento l’unzione veniva praticata ai sacerdoti, profeti e re. Cristo ha assunto tutti questi incarichi. Il titolo di Messia era riservato al Re discendente della progenie di Davide. Per maggiore completezza, abbiamo bisogno di rivedere il contesto del capitolo. I segni della venuta del Messia sono manifesti e quando Giovanni Battista è in Betania, dei Giudei mandano da Gerusalemme dei sacerdoti e dei Leviti a chiedergli chi fosse. Egli confessa di non essere il Cristo. Allora essi replicano perché vogliono sapere chi fosse, egli di sé dice: “Io sono la voce di uno che grida nel deserto: Raddrizzate la via del Signore, come ha detto il profeta Isaia” (Giovanni 1:23). Mentre Giovanni battezza vede Gesù arrivare verso di lui e dice: “Ecco l’Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo!” I suoi due discepoli, udendolo parlare, seguono Gesù … È circa la decima ora. Il primo passo per un proficuo servizio al Signore è quello di riconoscere e vivere Cristo nella propria vita: “Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno” (Giovanni 7:38). Dopo l’esperienza della nuova nascita, il nostro desiderio è quello di raccontarlo ad altri senza perdere tempo. Andrea non perde tempo, và subito a dirlo a suo fratello Simone. Andrea ha fatto una scoperta meravigliosa, ha incontrato Gesù e non può fare a meno di condividere la sua esperienza. Non appena incontra suo fratello Simone, gli dice: “Abbiamo trovato il Messia”. Per Pietro non è difficile comprendere questa affermazione perché, come ogni giudeo, aspetta il Messia che deve venire. Quale miglior modo per un conquistatore di anime iniziare con il verso 42: “Lo condusse da Gesù”. Che ne facciamo noi della nostra salvezza? Proviamo a paragonarla ad un diamante; chi è quella persona che possedendolo non desidera sfoggiarlo a quanti gli sono vicini! Gesù dice: “Un mercante trovata una perla di gran valore, se n’è andato, ha venduto tutto quello che aveva, e l’ha comprata” (Matteo 13:46). Questa parabola insegna che Gesù è la perla di gran valore, noi siamo il mercante che quando trova la perla, la compra e la porta con sé. Indubbiamente il mercante, condivise la perla con gli altri di casa sua. Anche se a volte è difficile testimoniare ai membri della propria famiglia, è nostra responsabilità, perché un giorno dovremo dare conto a Dio pure delle anime dei nostri famigliari! L’invito è: semina la Parola in tutte le occasioni, anche quando sembra che i tuoi non ascoltano! “Ma voi riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su di voi, e mi sarete testimoni in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all’estremità della terra” (At. 1:8). L’ordine di Gesù è esplicito: bisogna cominciare dalla nostra famiglia a seguire i vicini, i conoscenti e gli amici! Sul nostro cammino potremmo incappare resistenza e beffe, ma se saremo fedeli, lo Spirito Santo ci sosterrà e ci aiuterà. Il capitolo 8 degli Atti degli Apostoli racconta l’inizio dell’evangelizzazione oltre frontiera, esso ha come protagonista Filippo che prima di Paolo è missionario tra i pagani. Filippo l’evangelista è uno dei sette uomini di buona testimonianza e ripieni di Spirito Santo, scelti dagli apostoli per essere diaconi e servire alle mense. Come abbiamo visto, Luca articola il suo racconto sulle ultime parole di Gesù ai suoi discepoli prima di salire al cielo: “Riceverete potenza dallo Spirito Santo…….mi sarete testimoni in Gerusalemme, Samaria…..fino all’estremità della terra”. “Un angelo del Signore parlò a Filippo così: Alzati, e và verso mezzogiorno, sulla via che da Gerusalemme scende a Gaza. Essa è una strada deserta” (8:26). L’angelo del Signore ordina a Filippo di lasciare Samaria all’apice del grande risveglio, per recarsi in una strada desertica che da Gerusalemme scende a Gaza. L’obbedienza di Filippo senza proferire parola, evoca quella di Abramo che al comando di Dio, prende la sua famiglia e va in un paese sconosciuto (Genesi 12:1-4). Il suo “alzati per andare ad annunciare” invece, ricorda l’episodio di Maria che và da Elisabetta (Luca 1:39). L’espressione scritturale del testo: “a mezzogiorno” può essere interpretata in due modi: come indicazione temporale: “a mezzodi”, oppure come indicazione geografica: “a Sud”. Tra le due, quella temporale sarebbe la più appropriata, perché evidenzierebbe fortemente la stranezza della richiesta dell’Angelo: è impensabile, in quei luoghi, mettersi in cammino a mezzogiorno percorrendo una strada deserta per raggiungere un alto ufficiale etiope, appartenente ad una categoria sociale senza possibilità di ammissione al popolo di Dio. Tuttavia Filippo ubbidisce senza esitare. Non perdiamo dunque l’occasione di testimoniare a tutte le persone con cui possiamo veniamo a contatto, autorità comprese, ma sottomettiamoci alla volontà divina! Non sottovalutiamo chi ha in mano la situazione. Ovviamente non siamo noi che possiamo, con le nostre programmazioni, “costruire” o impedire l’incontro tra Dio e una persona! Colui che pone in relazione è l’angelo. Dai piani alti, ancora una volta viene additato quale debba essere l’oggetto delle attenzioni di Filippo. Egli deve avvicinarsi e raggiungere il carro dell’eunuco. Anche colui che è chiamato a portare la Buona Novella, deve abbracciare lo stile di Gesù che si siede insieme alle persone bisognose per dialogare con loro. Filippo è chiamato ad obbedire, ma i passi da percorrere per l’incontro sono una sua iniziativa personale. Lo Spirito Santo ha predisposto il cuore dell’uomo, perché quando Filippo arriva vicino al carro e incontra l’eunuco che legge le Scritture, nota con stupore che non è chiamato a cominciare un lavoro, bensì a concretizzarlo, non a seminare bensì a raccogliere i frutti. Dio lo ha preceduto e gli ha preparato la strada. La missione non è un’attività a senso unico, ma un’incontro. Lo Spirito lavora su due fronti: i missionari e i destinatari. È essenziale conoscere bene tutte le Scritture per essere efficaci conquistatori di anime. È abbastanza sorprendente che un alto ufficiale etiope legga il Libro di Isaia tornando a casa da Gerusalemme. E ancora più stupefacente è il fatto che fosse pronto ad accettare che un semplice passante, Filippo fosse inviato da Dio per illuminarlo. L’apostolo conosce il brano letto dall’eunuco e citandogliene altri, gli mostra che esso parla di Gesù. Allora, il primo passo è essere in grado di spiegare le Scritture, mentre il secondo, è che l’evangelizzatore parta dalla posizione in cui si trova il richiedente cioè: dai suoi dubbi e dai suoi problemi, dal suo livello di comprensione, dal suo umore, dai desideri del suo cuore. Filippo non ha fretta e non dà solo una breve testimonianza, conduce l’eunuco a una decisione. Il battesimo come il resto dell’annuncio è condivisione: tutti e due sono immersi una completa comunione. Per avere successo nell’evangelizzazioni ricordiamo tre elementi fondamentali: la guida dello Spirito Santo, il ruolo della Parola, la fede del singolo. L’apostolo dopo aver svolto il suo incarico con l’eunuco, è pronto a svolgere il suo mandato da un’altra parte. Una volta conclusa la missione, non c’è fra i due una relazione di dipendenza: “l’eunuco continuò il suo viaggio nella gioia”. Il conquistatore di anime lavora per la gioia dei suoi fratelli e sorelle; egli può andare via, ma la gioia dimora nel cuore di coloro che hanno ricevuto la Buona Novella. Questa gioia, si comunica, si diffonde, ha una dimensione comunitaria: ricordiamo l’episodio dei discepoli che al rientro dalla missione, raccontano con gioia a Gesù e agli altri le meraviglie che, tramite loro, il Signore ha compiuto (Luca 10:17). Quanti sono dedicati all’opera di evangelizzazione non debbono dubitare dell’aiuto dello Spirito Santo, a loro verrà chiesto di essere testimoni fedeli e disponibili alla Sua guida, come lo fu Filippo sulla via di Gaza.
Considerazioni finali Il tema principale di questa lezione è quello di sensibilizzare il cristiano ad evangelizzare, perché tutti abbiamo bisogno del Salvatore. L’universalità del peccato, ci rende privi della gloria di Dio che è possibile ottenere solo invocando il nome del Signore. Molti sono convinti di non essere portati ad evangelizzare e che l’evangelizzazione sia un compito difficile! Se tutti fossimo di questo stesso parere, chi avrebbe portato la Buona Novella a noi? Naturalmente l’evangelizzatore sente il peso e la responsabilità delle anime, perciò le antepone ai propri problemi. Egli ha la consapevolezza delle conseguenze che incorre un’anima perduta senza la luce del Vangelo, conosce la sua destinazione futura: il fuoco eterno! Non è facile evangelizzare, poiché potremmo incappare in situazioni sgradevoli, però facciamoci forti della potenza del Vangelo: il mondo ha bisogno di Dio e Dio per raggiungere il mondo, ha bisogno di noi! Non scoraggiamoci, anzi chiediamo a Dio di essere ripieni di Spirito Santo e saremo capaci di essere testimoni franchi e potenti.
dalle Amiche di Naomi
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