DIO CI PARLA ATTRAVERSO LE CIRCOSTANZE – (Ecclesiaste 9:11)
Accingendoci a trattare quest’argomento dobbiamo chiedere a Dio di donarci una particolare sensibilità spirituale per non scivolare, anche inconsapevolmente, nel fatalismo (fatalismo=visione della realtà per cui tutto ciò che ci accade, anche quello che deriva dai propri atti, è considerato sostanzialmente dovuto ad una forza ineluttabile, superiore alla volontà umana), nel fanatismo (fanatismo=atteggiamento mentale di chi si dedica ad un’attività con eccessivo entusiasmo) o spiritualizzare ogni circostanza, anche la più naturale, a danno della vera spiritualità. Tra i tre pericoli, il terzo è più sottile e più dannoso perché rende banale la testimonianza e attira sul credente l’ilarità e lo sdegno di chi ascolta. Ci accostiamo, quindi, a valutare questo strumento, usato da Dio per parlarci, con molta attenzione e sottomissione allo Spirito Santo.
L’uomo naturale tende a “leggere” dalle circostanze la buona o cattiva sorte, spesse volte per scaricarsi le responsabilità. Per questo motivo alcuni si sentono “fortunati” ed altri “sfortunati”.
Per il credente, la parola “fortuna” non ha alcun senso, perché sa che nulla gli capita a caso, ma tutto è sorretto e permesso da Dio (Osea 11:1-4; I Re 22:1- 18; continua con I Re 22:26-38). Una freccia scoccata a caso e la battaglia che si fa più cruenta, tale da trattenere il passaggio del re, sono circostanze che adempiono la volontà di Dio per il re d’Israele. Micaiah aveva confermato la profezia di Elia che aveva decretato la morte del re Achab, il cui sangue sarebbe stato leccato dai cani (I Re 21:17-20). Non fu un caso ma la realizzazione di un decreto divino.
Nel senso più ampio dell’argomento, possiamo notare che, sin dai tempi antichi, i profeti indagavano le circostanze per comprendere quando si sarebbero realizzate le cose di cui essi stessi furono messaggeri e profeti (I Pietro 1:11).
Molti sono gli esempi, nel Nuovo Testamento, che dimostrano come Dio usa le circostanze per dirigere e guidare i Suoi servi:
L’Apostolo Paolo desiderava ardentemente recarsi a Roma, per condividere coi fratelli alcuni doni spirituali, ma gli fu sempre impedito (Romani 1:9-13).
Ecco la risposta di Dio: Atti 23:11 “E la notte seguente il Signore si presentò a Paolo, e gli disse: Sta’ di buon cuore; perché come hai reso testimonianza di me a Gerusalemme, così bisogna che tu la renda anche a Roma”.
Tutti noi sappiamo il seguito. Paolo viene arrestato per essere giudicato da un Tribunale romano. A Roma trascorrerà gli ultimi anni della sua vita; agli arresti domiciliari ma in comunione con Dio e i suoi fratelli di Roma.
La Scrittura dedica ampi spazi alle circostanze usate da Dio. Dio usa episodi simili per parlare al Suo popolo.
A volte, Egli stesso crea la circostanza per un fine ben preciso:
Giobbe 1:12: “E l’Eterno disse a Satana: “Ebbene! tutto quello che possiede e in tuo potere; soltanto, non stender la mano sulla sua persona”. – E Satana si ritirò dalla presenza dell’Eterno”.
Giobbe 42:5: Il mio orecchio avea sentito parlar di te ma ora l’occhio mio t’ha veduto.
… a volte utilizza la circostanza per raggiungere lo scopo:
Romani 8:28: Or noi sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali son chiamati secondo il suo proponimento.
Luca 12:4-7: “Ma a voi che siete miei amici, io dico: Non temete coloro che uccidono il corpo, e che dopo ciò, non possono far nulla di più; ma io vi mostrerò chi dovete temere: Temete colui che, dopo aver ucciso, ha potestà di gettar nella geenna. Sì, vi dico, temete Lui. Cinque passeri non si vendono per due soldi? Eppure, non uno d’essi è dimenticato dinanzi a Dio; anzi, perfino i capelli del vostro capo son tutti contati. Non temete dunque; voi siete da più di molti passeri.
Nulla ci capita a caso. Il nostro Padre Celeste ha cura di noi anche nei minimi particolari, sta a noi riuscire ad interpretare il linguaggio delle circostanze come un mezzo che ci mette in comunicazione con Dio.
Naturalmente, per una giusta e corretta “lettura” delle circostanze sono necessarie un’intima comunione con Dio, conoscenza della Sua Divina personalità, generale ed equilibrata visione delle Scritture (per non andare oltre a ciò che è scritto) ed una incondizionata onestà.
A volte, le circostanze ci richiamano al nostro dovere di cristiani. In questo caso non abbiamo bisogno di investigare per capire che dobbiamo essere ubbidienti. Dobbiamo farlo e basta (doveri verso la famiglia, la chiesa, il datore di lavoro, lo Stato, noi stessi) (Atti 6:1).
La disobbedienza di Giona fu arrestata da eventi atmosferici che costrinsero il profeta a riconoscersi disobbediente. Non aveva bisogno di particolare rivelazione o guida divina. Egli sapeva di essere disobbediente e l’unico modo per ristabilire l’ordine era di sottomettersi alla Volontà di Dio (Giona 1:1-12).
A volte, Dio usa le circostanze per fermare il nostro cammino.
Può succedere che il cristiano prenda importanti decisioni “supponendo” di fare la cosa più giusta, ma non sempre approvata da Dio.
Le circostanze avverse appaiono come segnali divini che hanno lo scopo di farci riflettere sulla nostra condotta. Esse sono come dei semafori che ci permettono di comprendere quando è il momento di attraversare la strada oppure fermarci. Dio tenta di fermare il nostro passo con una malattia, la perdita del lavoro, un’avversità. Non è sufficiente barricarsi dietro la nostra “buona fede”. Se in “buona fede” passate col rosso, il vigile “in buona fede” vi multa.
Il rischio di interpretare male la volontà di Dio è condizionato dai nostri sentimenti di sicurezza (indipendenza da Dio). Più ci sentiamo sicuri, più alto è il pericolo di cadere.
Il giovane Salomone, alla morte del padre Davide, si sentiva incapace di amministrare un popolo dal carattere così difficile. Sentiva il bisogno di essere guidato e Dio provvide per lui (I Re 3:12), e fintanto che rimase sottomesso a Dio ed in totale dipendenza, il re Salomone fu benedetto ma crescendo iniziò a considerare i suoi successi come frutto delle proprie capacità e si allontanò da Dio.
La prosperità, il successo, la sicurezza di sé stessi, doni della misericordia di Dio, possono diventare impedimenti alla nostra dipendenza da Dio. Pian piano, e a volte senza esserne consapevoli, diventiamo insensibili e non diamo più valore ai messaggi che Dio vuole trasmetterci attraverso le circostanze.
Per comprendere meglio il concetto possiamo prendere ad esempio l’aspetto economico.
Nel momento cruciale della sofferenza di Giobbe, in luogo di risentimento verso Dio, egli esprime una grande e immutabile verità: (Giobbe 1:21) “Nudo sono uscito dal seno di mia madre, e nudo tornerò in seno della terra; l’Eterno ha dato, l’Eterno ha tolto; sia benedetto il nome dell’Eterno”.
Pertanto, tutto ciò che siamo, che usufruiamo, che consumiamo, è frutto della grazia di Dio. Noi siamo semplici amministratori ai quali sarà chiesto conto del suo uso.
Dobbiamo essere saggi amministratori, sia che Dio ci permetta una grande prosperità, sia che Egli voglia che viviamo in umiltà.
I meno abbienti saranno in qualche modo più portati e inclini a chiedere a Dio la guida per spendere saggiamente i propri denari. Chi vive nella prosperità è naturalmente meno attento. Il primo è stimolato da una esigenza, il secondo ha bisogno di saggezza e sottomissione per il giusto uso dei denari. L’uso improprio della misericordia di Dio è un peccato, sia che siamo poveri sia che siamo ricchi. Siamo tutti responsabili di questa amministrazione (Filippesi 4:11).
Colui che è di umile condizione sarà così attento a tutti gli avvenimenti che si domanderà, ad ogni evento, cosa Dio vuole insegnargli.
Le circostanze fanno la differenza, tale, a volte da condizionare la nostra spiritualità.
Impariamo a ben interpretare le circostanze nelle quali Dio ci pone. A volte sono precisi segnali con i quali Dio vuole indirizzarci la strada da percorrere. L’esperienza, la sensibilità spirituale, la sottomissione e l’ubbidienza ci aiuteranno sempre meglio a discernere la Sua Volontà attraverso le circostanze (Romani 12:2 bis).
È doveroso precisare, che non sempre le circostanze negative sono il segno che ci indicano che ciò che stiamo facendo non è nella Sua Volontà. Il Sommo Maestro non ha mai garantito a nessun vero discepolo una vita facile e comoda (Matteo 10:38) piuttosto si è impegnato a sostenerci, a guidarci, a consolarci quando, nel fare la Sua volontà, ci troveremo in difficoltà. Impariamo a distinguere tra una diretta opposizione voluta da Dio dalla perfida opposizione generata dal nostro nemico per fermare il nostro passo.
Ora, una breve riflessione in merito al “vello di Gedeone”. Una pratica diffusa tra il popolo pentecostale che, sinceramente, chiede la guida Divina (Giudici 6:17).
Generalmente si mette il vello dinanzi a Dio con lo scopo di chiedere una conferma su una decisione di particolare importanza.
Non si vuole assolutamente scoraggiare questo sistema. Dio guarda la nostra fede e nella Sua infinita misericordia può sovvenire alle nostre perplessità (alla stessa stregua del versetto scelto per caso). Ma lo scopo di questo studio è di arrivare ad una maggiore maturità nel rapporto con Dio.
Pur riconoscendo la purezza dei sentimenti che animano questi semplici cristiani è necessario evidenziare che la risposta di Dio fu una concessione alla debolezza di Gedeone.
In conclusione, possiamo considerare i seguenti punti come principi generali che ci permetteranno di dare credito alle circostanze che stiamo vivendo:
- Esame della circostanza tramite la preghiera.
- Onesta predisposizione ad accettare la Sua Volontà, anche in caso di risposta negativa.
- Dopo aver compreso la natura diabolica dell’opposizione, credere fermamente che Dio è in grado di rimuoverla.
- Serio ed approfondito confronto con la Parola di Dio.
- Consiglio di uomini di fede.
- Esperienza.
Quando questi punti si armonizzano e sentiamo la conferma dello Spirito Santo, è arrivato il momento di attendere le direttive di Dio e di metterci al lavoro.
Conclusione: Siamo arrivati alla conclusione dello studio. Mi auguro che possa essere stato di stimolo per una reale e diretta ricerca della guida di Dio.
Nel trattare questa materia è impossibile essere esaustivi. Il rapporto con Dio non si può teorizzare e non basterebbero tutte le pagine di migliaia di libri per farci capire la Sua Divina voce. Sta a te, caro fratello, cara sorella mettere in pratica ciò che hai imparato. Se vuoi dialogare con Dio devi parlarGli ma, soprattutto, se vuoi che Egli ti parli devi prestarGli attenzione, darGli tempo e, con sottomissione, ubbidire a ciò che ti dice. Solo così potrai sviluppare un buon rapporto con Dio, tale da non dipendere più dalle circostanze ma dalla certezza che Dio ti ha parlato. Anche tu potrai dire: “Così mi ha detto il Signore…”