CAPITOLO 5 – UNA VITA CRISTIANA ESEMPLARE (cap. 3)

mappaLa prima sensazione generata dal primo versetto del nostro testo, avvertita dal lettore poco pratico delle Scritture e delle responsabilità affidate ai ministri, potrebbe essere: “E’ legittimo per un pastore entrare nella vita quotidiana dei credenti?” o ancora: “Non è forse responsabilità del singolo credente gestire la propria vita come meglio crede?”

Il dovere di un buon pastore è di prendersi cura dei fedeli che gli sono stati “affidati” dal Signore; il suo dovere non termina con la predicazione dal pulpito ma continua con l’esempio personale e l’esortazione proveniente dall’autorevolezza della Parola. Egli deve condurre la sua greggia “lungo le acque chete” ma anche “sui sentieri di giustizia” (Salmo 23:3), deve vegliare affinché la buona testimonianza dei suoi fratelli si manifesti anche nell’ambito sociale e famigliare. Una cattiva testimonianza del singolo non solo è dannosa alla persona ma inevitabilmente mortifica la moralità della chiesa e l’opera dello Spirito Santo

(Matteo 5:16) Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli.

Riflessione: Un buon genitore è attento al comportamento dei propri figli sia quando sono in famiglia sia quando vivono al di fuori. Vorrà sapere i luoghi e le compagnie che frequentano, consapevole che dal loro modo di agire dipende la reputazione personale ed anche famigliare. Vero è che un figlio non deve portare le colpe dei genitori (e viceversa), ma la cattiva reputazione di un membro intacca, inevitabilmente, quella di tutta la famiglia. Una persona conosciuta come affidabile apre le porte alle migliori relazioni.

In particolare, l’Apostolo fa riferimento al rapporto con le autorità e ai magistrati. A loro il cristiano dovrà offrire la propria sottomissione e rispetto. Non solo a quelle che ritiene buone ed onorevoli bensì ad ogni autorità, considerandole costituite come espressione della volontà divina

(Romani 13:2) “Perciò chi resiste all’autorità si oppone all’ordine di Dio; quelli che vi si oppongono si attireranno addosso una condanna”.

Paolo è ben consapevole dell’effetto che questo comando avrebbe provocato nella mente dei lettori. Da oltre un secolo la Giudea era amministrata da due forme di governo: Il dominio romano e la Tetrarchia erodiana. Entrambi esigevano pesanti tasse; la giustizia era amministrata a “senso unico” e la Legge non era uguale per tutti. La situazione era ancor più grave se pensiamo che ai tempi il cristiano era considerato un fuorilegge.

Riflessione: Secondo la cultura della maggioranza dei popoli di allora, la croce era considerata una maledizione umana e divina e coloro che erano crocifissi erano disprezzati ed ingiuriati, anche dal popolo. Per questo motivo l’Apostolo esclamerà con grande enfasi (Romani 1:16) Infatti non mi vergogno del vangelo; perché esso è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede; del Giudeo prima e poi del Greco.

Nei tempi moderni, in particolare in occidente, possiamo esprimere le nostre opinioni, scioperare, manifestare il nostro disappunto, addirittura accusare le autorità. Il cristiano potrebbe anche non aderire (o addirittura rigettare) la forma di governo in atto ma non userà strumenti coercitivi e impositivi. Si impegnerà a ricercare la pace per vivere una vita quieta (1 Timoteo 2:1-2) con la preghiera e l’intercessione.

Riflessione: Colui che non è sottomesso alle autorità costituite, che vede e che deve temere, come potrebbe accettare l’autorità divina che non vede? Gesù ci esorta a dare a “Cesare” ciò che gli appartiene e a Dio ciò che è di Sua competenza (Marco 12:17). Per estensione, se si è ribelli alle autorità che indossano una divisa è ancor più difficile accettare l’autorità degli insegnanti, del capo ufficio, dei genitori, della chiesa e finanche di Dio. Ripeto: Essere sottomessi non significa necessariamente approvare e/o condividere, ma partecipare attivamente allo sviluppo dell’ambiente che si vive, utilizzando i mezzi messi a disposizione dallo Spirito Santo.

L’Apostolo Paolo enfatizza il modo con cui dobbiamo relazionarci con le autorità (v. 1 e 2):

  • Ubbidienti, fiduciosi nella visione e nell’esperienza più ampie di colui/coloro che amministrano (Giovanni 13:7 Gesù gli rispose: Tu non sai ora quello che io fo, ma lo capirai dopo.).
  • Pronti a fare ogni opera buona, coinvolgimento nel compito assegnato non per un “vil guadagno” ma con interesse e gioia (I Pietro 5:2 Pascete il gregge di Dio che è fra voi, non forzatamente, ma volonterosamente secondo Dio; non per un vil guadagno, ma di buon animo).
  • Senza maldicenza, senza borbottare, lamentele e critiche perniciose che insinuano malumore a chi le ascolta a danno della persona e dell’opera (Filippesi 2:14 Fate ogni cosa senza mormorii e senza dispute).
  • Miti, portatori di pace e gentili. Tre caratteristiche che dovrebbero eccellere nella vita del credente nato di nuovo. Il contrasto con la vecchia vita è d’obbligo. Una volta eravamo litigiosi, pronti a far sentire le nostre ragioni a seguito della minima offesa, ora, forse, non siamo giunti ad “offrire l’altra guancia” ma la nostra reazione deve essere mite e tendente a ripristinare la pace (Romani 12:18 Se è possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti gli uomini).

Noi tutti mostriamo ciò che in realtà siamo e siamo ciò che permettiamo allo Spirito Santo di fare. Le opere di un tempo erano manifeste perché eravamo schiavi di un padrone malefico che ci faceva vivere nelle passioni, nei rancori e nella maldicenza. Liberati da tali legami, Dio manifesta, tramite noi, la Sua misericordia ed il Suo amore a beneficio del nostro prossimo. Non è frutto di “buona volontà” umana ma della santificazione prodotta dallo Spirito Santo in un cuore rigenerato e rinnovato (vv. 5 e 6). Tutti coloro che hanno creduto in Dio devono usare molta attenzione e dedicare molta cura nelle opere buone, utili agli uomini.

Riflessione: La nostra esperienza spirituale perde di valore se non è seguita da fatti concreti. L’Apostolo Giacomo lancia una sfida a tal proposito (Giacomo 2:20 Ma vuoi tu, o uomo vano, conoscere che la fede senza le opere non ha valore?). Egli chiama “vano” colui che si dichiara cristiano ma non mette in pratica la sua fede, mentre l’Apostolo Paolo ci incoraggia a manifestare concretamente il frutto dello Spirito Santo (II Timoteo 3:17 …affinché l’uomo di Dio sia compiuto, appieno fornito per ogni opera buona).

Tito doveva essere il primo a mettere in pratica tali esortazioni. Doveva evitare ogni “piccola volpe” che avrebbe guastato la sua vigna, non mischiandosi in vani ragionamenti. L’Apostolo Paolo le chiama “questioni stolte” (ragionamenti stupidi, di dubbio valore), “genealogie” (per trarne valore morale), “contese” (cogliere ogni occasione per mostrare opinioni contrarie, anche senza fondamento), “dispute intorno alla legge” (interpretazioni dottrinali settarie e fuorvianti). Tutte queste cose sono inutili e demoralizzanti, anzi non fanno altro che alimentare “scintille” che potrebbero divampare in un fuoco incontrollabile. Per questo motivo Tito era esortato ad ammonire severamente, e a più riprese, l’uomo settario che, a sua volta, doveva evitare.

Riflessione: Cosa significa la parola “setta”, chi è il “settario” e come si manifesta?

Dal dizionario “Sapere” si legge:

Setta: “Insieme di persone che seguono una dottrina filosofica, religiosa o politica che si distacca e dissente da una dottrina già diffusa e affermata” ed anche “gruppo politico o ideologico intollerante, chiuso in sé stesso”.

Settario: “Fazioso, intransigente nel difendere le proprie ideologie, teorie” ovvero “fanatico, partigiano, parziale”. Costui tende a separare l’unità dello spirito lavorando nei cuori di coloro che non hanno molta conoscenza. Perversi e strumenti nelle mani del diavolo, svolgono un’azione malefica sommersa a danno delle anime semplici per carpire la loro buona fede. La Scrittura ci esorta a vegliare e a denunciare persone e fatti simili al fine di difendere la chiesa dagli attacchi del maligno (II Pietro 2:1 Ma sorsero anche falsi profeti fra il popolo, come ci saranno anche fra voi falsi dottori che introdurranno di soppiatto, eresie di perdizione e, rinnegando il Signore che li ha riscattati, si trarranno addosso subita rovina).

L’Apostolo Paolo passa ai saluti elencando una serie di nomi a lui molto care e senza risparmiare alcune raccomandazioni. Egli usa l’autorevolezza di un padre nei confronti del figlio Tito affinché provveda a fare ogni cosa con cura. Nel suo cuore c’è l’amore per i suoi fratelli. Desidera che siano forniti di ogni cosa e che persino il loro viaggio doveva essere confortevole e piacevole.

La chiusa della lettera è tipica di Palo. Come l’ha aperta, così la conclude:

La grazia di Dio sia con tutti voi.

Febbraio 2014 – Riveduta ottobre 2021                                                                                                                                                                                              Pastore Raffaele Lucano

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