Filippesi – 10) In difesa dell’armonia della Chiesa

Lettura da Filippesi 4:1-3

L’Apostolo è consapevole di aver usato termini alquanto rigidi; è stato necessario al fine di sensibilizzare l’attenzione dei suoi lettori per la difesa della loro anima dagli attacchi di spiriti seduttori. Ora, però, la sua sensibilità di pastore lo spinge ad attenuare la tensione e ritorna a rassicurarli. Riprende il tono confidenziale, amorevole e si rivolge ai suoi lettori chiamandoli fratelli cari, desideratissimi, allegrezza e corona … diletti”. Dovremmo soffermarci e approfondire ogni termine, capirne la profondità dei sentimenti, l’empatia, l’importanza che rappresentano i fratelli in Cristo per il cuore dell’Apostolo. Ci basta cogliere, in questa sede, l’esempio di stima e di amore che dovrebbero caratterizzare coloro che condividono la stessa fede. Quale “profumo” sentimentale, emotivo, delicato e gradevole emana il termine “corona mia”. Spesse volte si tende a enfatizzare gli aspetti negativi dei fratelli, le loro cadute, i difetti, il carattere non ancora arreso, la poca spiritualità, le debolezze.

Filippesi – 09) Verso la meta

Lettura da Filippesi 3:12-21

Abbiamo concluso il P6_fatetuttoquelchevidira_pprecedente studio con il versetto undici che ci introduce all’argomento di questa meditazione. L’Apostolo ha abilmente tessuto la sua maglia con l’obiettivo di condurre i suoi lettori alla mèta finale: La resurrezione dei morti e la vita eterna con Dio.
Non importa a cosa bisogna rinunci
are, sostiene l’Apostolo, l’obiettivo rimane fermo nel suo cuore affinché la sua corsa non debba risultare vana (II Timoteo 4:7; Filippesi 2:16). Per alcuni, il termine “rinuncia” potrebbe avere un gusto amaro, difficile da accettare. rficiale e perniciosa spiritualità; non avrebbero dovuto nemmeno far notare gli effetti del loro digiuno religioso per meritarsi una presunta retribuzione terrena. Il Signore è e sarà il rimuneratore di coloro che sperano in Lui, che si affaticano per il progresso dell’Evangelo, nella misura delle proprie fatiche (Matteo 10:41). fine di guadagnarsi il premio (1 Corinzi 9:27). Commettono un grave errore quei religiosi che sostengono la dottrina della sofferenza come mezzo per guadagnarsi il Cielo.(V. 13 e 14).

Filippesi – 08) L’orgoglio del credente

Lettura da Filippesi 3:4-11

Parole dure, severe, contro chi minaccia la sana dottrina e l’armonia spirituale della chiesa. Farebbero bene i ministri a prendere risolutamente posizione nei confronti di chi “semina zizzanie” e introduce furbescamente il lievito che fa lievitare tutta la pasta. Scrivendo alla chiesa di Corinto che tollerava un tal “peccato che non si trovava nemmeno tra i Gentili”, coinvolgeva, soprattutto, il conduttore che aveva, e doveva, avere l’autorità di sradicare tale peccato. Il peccato nella chiesa si intrufola con eleganza. aveva realizzato il bene più grande che un uomo possa desiderare: Cristo Gesù. 1-2)? Grande responsabilità è demandata alla chiesa, detentrice della verità, presentare il messaggio della riconciliazione a Dio ai reprobi penitenti (II Corinzi 5:17-20). Nel verso 8, l’Apostolo dichiara di aver rinunciato a tali diritti al fine di realizzare la conoscenza di Cristo Gesù. Ad alcuni può sembrare un atto di estrema sofferenza, ma per Paolo non significava aver perso qualcosa ma piuttosto aver guadagnato un tesoro inestimabile di gran lunga più prezioso di qualsiasi altro bene terreno. Il cristiano farebbe bene a non concentrare la propria attenzione su ciò che apparentemente lascia, ma piuttosto su ciò che consegue aver accettato Gesù come personale Salvatore.
Questo pensiero ci introduce alla sublime speranza che sostiene ogni sincero credente: La resurrezione dei morti.
Mai in modo palese ma circondato da un alone di legittimità e di perbenismo, spesse volte accompagnato dalla “buona fede” e da apparenti buone intenzioni.

Filippesi – 07) Falsi dottori e angeli di luce

Lettura da Filippesi 3:1-7

Siamo testimoni di sconcertanti fatti di cronaca che vede vittime bisognose, generalmente malate, spesse volte credulone. Un misto d’ingenuità, ignoranza e bigottismo religioso G2_ilpianodidio3_giovanipermette il proliferare di approfittatori che mirano a carpire la buona fede di molti semplici. Ma non è solamente una triste realtà dell’era moderna. In questa sezione l’Apostolo Paolo desidera mettere in guardia i suoi lettori da questi spiriti seduttori. Egli insiste su questo argomento (v. 1) ed usa termini severi ed inequivocabili. Forse troppo duri ed offensivi per alcuni, ma non dimentichiamoci della natura pastorale dell’Apostolo. Come un buon padre, disposto a tutto per salvare dai pericoli i propri figli, così l’Apostolo non risparmia termini e toni perentori pur di strappare i suoi lettori dalle zanne del “leone ruggente”. Non sono mai sufficienti le esortazioni e le precauzioni usate, le astuzie del “serpente dementatore” sono così sottili e subdole da poter incantare le anime semplici e bisognose. L’Apostolo chiama questi individui “cani”, “cattivi operai” e “quelli della mutilazione” (v. 2).

Filippesi – 06) Raggi di sole nelle fitte tenebre

Lettura da Filippesi 2:12-18

Questo brano contiene delle importanti esortazioni che indirizzano i credenti ad analizzare alcuni aspetti morali del proprio comportamento nella Chiesa. Dio è luce e coloro che sono suoi devono camminare nella luce per risplendere nelle fitte nebbie del peccato che regnano nel mondo. 

La salvezza, dono di Dio
Prima di tutto, l’Apostolo sensibilizza l’attenzione dei Filippesi all’osservanza dell’etica cristiana. Il servo non deve essere diligente e onesto solo quando è presente il padrone ma, a motivo della sua coscienza, sapendo che deve dar conto a Colui che vede sempre, deve essere maggiormente ubbidiente quando il padrone è assente. E’ poco onorevole per un cristiano svolgere il proprio compito per un mero dovere, come se dovesse dar conto agli uomini.

Filippesi – 05) L’unità nella Chiesa di Cristo

Lettura da Filippesi 2:1-11

Due valgon meglio d’un solo, perché sono ben ricompensati della loro fatica. Poiché, se l’uno cade, l’altro rialza il suo compagno; ma guai a colui ch’è solo, e cade senz’avere un altro che lo rialzi! Così pure, se due dormono assieme, si riscaldano; ma chi è solo, come farà a riscaldarsi? E se uno tenta di sopraffare colui ch’è solo, due gli terranno testa; una corda a tre capi non si rompe così presto” Ecclesiaste 4:9-12. Chi potrebbe mai contraddire l’utilità delle parole scritte dal saggio Salomone? L’uomo è una creatura sociale, creata per vivere con i suoi simili. Sebbene la tendenza moderna sia di evitare il confronto di personalità, rimane il fatto che ognuno ha bisogno dell’altro. Siamo legati uno all’altro dalla necessità di comunicare, di sentirci integrati nel mondo in cui viviamo. Seguendo l’esempio di Gesù, nella sottomissione, nel rispetto e nella stima si manifesta la nostra reale forza, personale e collettiva.Sulla croce Gesù manifestò un’apparente sconfitta, in realtà, proprio sulla croce, ha acquistato per noi la vittoria. Non fu un uomo a prendere la vita di Gesù, Egli la donò, l’offerse come olocausto per la nostra redenzione. In questo atto, per quanti si identificano con Cristo, trovano una completa vittoria. Il diavolo è stato sconfitto, così come il credente che vince il male con il bene.

Filippesi – 04) Un comportamento degno della vocazione

Lettura da Filippesi 1:27-30

Il peccato umilia, mortifica, offende, reprime, soffoca, schiaccia, deprime la dignità dell’uomo costringendolo ad un comportamento simile agli animali. La Bibbia non pone veli dinanzi agli effetti deleteri del peccato che inibiscono la rispettabilità e la stima di un uomo. Cosa dire in merito al comportamento di Esaù (Genesi 25:32), del popolo d’Israele nel deserto (Numeri 11:5) e di Saul (I Samuele 15:26), solo per citarne alcuni? Davide stesso, l’uomo “secondo il cuore di Dio”, si rese talmente brutale che dovette anelare per ristabilire la presenza di Dio nella sua vita (Salmo 51:14). In questo brano l’Apostolo ci esorta a mantenere un comportamento degno, consono alla chiamata che Dio ci ha rivolti come cristiani. Nessuno escluso. Tutti, ministri o semplici credenti, devono comportarsi conformemente alla vocazione regale che gli è stata assegnata (I Pietro 2:9). Mantenere tale titolo regale non è cosa facile. Prima di tutto dobbiamo esserne consapevoli, realizzare per fede a quale prezioso lignaggio Dio ci ha elevato. Siamo figli di Dio, eredi Suoi e coeredi di Cristo (Romani 8:17), quindi concentrare tutte le nostre energie e tutto ciò che è in nostro potere per mantenere l’orgoglio di essere chiamati Cristiani. Dignità che non si limita alla persona singola ma che si espande a tutta la Chiesa, tramite l’unità e la fermezza nella lotta. Al fine di ottenere questo, ecco le esortazioni dell’Apostolo:

Filippesi – 03) Lo scopo sublime del cristiano

Lettura da Filippesi 1:12-26

Alcuni credenti dissenzienti, approfittando della prigionia dell’Apostolo, iniziarono a predicare l’Evangelo allo scopo di procurargli afflizione. Persone che credevano in Cristo ma che usavano il Suo nome come pretesto per innalzare se stessi. Quante religioni, oggi, parlano e predicano Cristo con scopi diversi, sottraendo l’attenzione dal vero e sublime scopo della predicazione: la persona di Cristo. L’Apostolo non subì alcun effetto negativo perché aveva realizzato profondamente l’esperienza della nuova nascita Romani 6:4. E’ interessante notare con quale discrezione Paolo parla di queste persone. Non usa parole offensive e neppure traspaiono sentimenti di rancore e di vendetta. In modo inequivocabile li dichiara predicatori con “spirito di parte”. Quante situazioni simili accadono nelle chiese moderne. Predicazioni, testimonianze, concetti e filosofie umane annunciate con “spirito di parte”. Dio ci aiuti a mantenere lo Spirito di verità e saper riconoscere questi operatori d’iniquità che vorrebbero “cagionare afflizione” alla chiesa di Dio. Sebbene queste difficoltà, l’Apostolo gioiva, poiché l’Evangelo era comunque annunciato v. 18 Che importa? Comunque sia, o per pretesto o in sincerità, Cristo è annunziato; e io di questo mi rallegro, e mi rallegrerò ancora. Il brano che analizzeremo, ci presenta una figura di cristiano che vive al centro della volontà di Dio.

Filippesi – 02) L’opera di Dio nel credente

Lettura da Filippesi 1:3-11
In questo brano si evince il carattere di un pastore interamente coinvolto, anche emotivamente, nella condizione spirituale dei fratelli. L’Apostolo esprime sentimenti di gioia per i Filippesi per la loro condotta, fedeltà e crescita spirituali.
I Filippesi erano costantemente presenti nel cuore dell’Apostolo che non trovava difficile presentarli a Dio in ogni preghiera d’intercessione.
. Per quale motivo l’Apostolo aveva sentimenti così profondi per i Filippesi? Quali erano i nodi d’amore che lo tenevano così vincolato? La comunione (v. 5). Lo Spirito Santo lega i credenti in un’intima comunione che li aiuta a superare ogni diversità di razza, lingua, ceto, cultura e grado di parentela: I Giovanni 1:7 “…ma se camminiamo nella luce, com’Egli è nella luce, abbiam comunione l’uno con l’altro, e il sangue di Gesù, suo Figliuolo, ci purifica da ogni peccato”. Matteo 12:50 “Poiché chiunque avrà fatta la volontà del Padre mio che è ne’ cieli, esso mi è fratello e sorella e madre.” Il progresso dell’Evangelo (v. 5). Erano accomunati da un unico obiettivo, erano consapevoli che le loro comuni sofferenze avrebbero contribuito all’avanzamento del Regno dei Cieli. Si sentivano gratificati, compresi, vicini. Le loro sofferenze non sarebbero state vane: Matteo 5:10 “Beati i perseguitati per cagion di giustizia, perché di loro è il regno dei cieli.” L’amore di Paolo nonostante le catene (v. 7). A nessuno piace essere riconosciuto come amico di un malfattore, ma i Filippesi non fecero scadere il loro affetto per l’Apostolo a motivo della sua prigionia I Pietro 4:8 “Soprattutto, abbiate amore intenso gli uni per gli altri, perché l’amore copre moltitudine di peccati.”

Filippesi – 01) Origini e prologo

La Lettera di Paolo ai Filippesi

Per comprendere meglio il messaggio rivolto dall’Apostolo Paolo a questa chiesa, è necessario comprenderne prima il carattere e l’ambiente geografico, storico, morale e spirituale in cui il messaggio stesso è stato predicato.

Le origini
Filippi prende il nome dal suo conquistatore Filippo II il Macedone, padre di Alessandro Magno, nel 356 a.c. Anticamente si chiamava Krenedis (LE SORGENTI) ed era una città molto ricca di giacimenti d’oro e di argento, per questo motivo fu sempre una città ambita da ogni condottiero straniero. La città cadde nelle mani dei Romani intorno al 168 a.c. e nel 42 divenne palcoscenico della battaglia combattuta da Ottaviano e Antonio contro Bruto e Cassio, gli assassini di Cesare. Atti 16:11-12 “Perciò, salpando da Troas, tirammo diritto, verso Samotracia, e il giorno seguente verso Neapoli, e di là ci recammo a Filippi, che è città primaria di quella parte della Macedonia, ed è colonia romana; e dimorammo in quella città alcuni giorni.”